Da domani la Russia sarà ancora più isolata dal mondo. Di fatto già ora è un Paese “chiuso”: Aeroflot ha gran parte delle aeromobili a terra per mancanza di pezzi di ricambio o per lo stop alla manutenzione, oltre al fatto che non può più volare all’estero (a parte pochissimi Paesi), e tutte la altre Compagnie di bandiera hanno abbandonato il Paese. Il blocco di Internet, in vigore da domani, è destinato, con grande probabilità, a assestare un colpo quasi mortale alle relazioni dei cittadini con il resto del mondo, per non parlare della totale mancanza di informazioni, se non quelle “dettate” dal regime. Da domani non sarà più possibile collegarsi via WhatsApp o Skype o Zoom, né leggere comunicazioni o “navigare” sul Web. Chi volesse farlo, potrà farlo con la rete “alternativa” (di Stato) RuNet: a parte i dubbi sulla sua efficienza, tutta da verificare, si può si d’ora affermare con certezza che la censura farà la sua parte (e che parte….).
La Russia è diventata la nazione più sanzionata al mondo, ben oltre tutti i vari regimi “storicamente” colpiti.
Ad oggi i provvedimenti presi verso “soggetti mirati” sono ben 5.532 (1.194 quelli presi solo dagli USA); a debita distanza segue l’Iran (3.618 misure), davanti alla Siria (2.608), Corea del Nord (2.077), Venezuela (651).
In Europa, a ieri, già 875 cittadini russi hanno subito il sequestro dei propri beni. Poca cosa, certo, rispetto alla ricchezza complessiva, ma ricordiamo che le sanzioni sono in vigore da pochi giorni e devono ancora produrre gran parte dei loro effetti. Per la prima volta, le riserve valutarie estere di un grande Paese sono state bloccate, rendendo impossibile l’utilizzo di $, €, Sterline o altre valute pregiate per difendere la propria moneta.
Quello economico rischia di diventare per Putin il fronte più pericoloso, o almeno pari a quello militare (in questo senso gli ultimi attacchi, quale quello di ieri all’Ospedale pediatrico di Mariupol, rischiano di dare il colpo finale ad un’immagine già irrecuperabile, con la possibile accusa di genocidio). C’è da pensare che lo “zar” avesse sottovalutato non solo la resistenza del popolo ucraino, ma forse ancor di più la durissima reazione di americani e Unione Europea: la sua azione di guerra, di fatto, ha avuto il merito di rafforzare notevolmente l’alleanza atlantica e forse ancor di più quella all’interno della UE. Abbiamo quindi un Paese completamente isolato dal mondo (solo Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea appoggiano il Paese: 4 Paesi con un peso economico assolutamente irrilevante e, al pari di Mosca, senza relazioni con il resto del mondo), ormai ad un passo dal crack. Tutte le società di rating oramai hanno declassato il debito a C, ed il rublo, senza più possibilità di difesa, ha perso, dall’inizio della guerra, tra il 40 e il 50% del proprio valore. La Borsa di Mosca continua a rimanere chiusa, mentre iniziano a girare voci che la Presidente della Banca Centrale, Elvira Nabiullina, possa lasciare il proprio incarico, assestando un altro duro colpo a Putin. L’abbandono delle società “occidentali” (solo quelle italiane si contano siano 500, di cui 80 con impianti produttivi, realtà come Pirelli, Ferrero, Barilla, Eni, che hanno già bloccato la loro attività) sta provocando un’ondata di disoccupazione, oltre che una caduta del Pil che sarà, quasi sicuramente, senza precedenti per il Paese.
E’ probabile che, a meno di repentini cambiamenti di scenario, che Putin, per mantenere la propria “presa” passerà ad un sistema ancora più autoritario, isolando ancor di più il Paese e rendendolo “inaccessibile”.
Ieri i mercati hanno conosciuto una delle migliori giornate che si ricordino, con rialzi che in Europa sono stati anche superiori all’8%. Molto bene le chiusure di Wall Street, con il Nasdaq a + 3,6% e il Dow Jones a + 2%. A spingere i listini, oltre che le “ricoperture” dopo il forte “ipervenduto” dei giorni scorsi, le speranze che l’incontro di oggi in Turchia tra i ministri degli Esteri dei 2 Paesi producano uno spiraglio positivo e siano l’inizio di una vera trattativa per la pace. Ad accompagnare l’eccezionale performance borsistica il forte ritracciamento dell’energia, con petrolio e gas in forte calo, e di tutti i beni rifugio, con l’oro che torna ben sotto i $ 2.000 e il $ sceso a 1.1058 vso €.
Vento in poppa per le borse asiatiche: il Nikkei chiude a + 3,94%, mentre Shanghai, a pochi minuti dallo stop alle contrattazioni, è a + 1,22%. Hong Hong sotto questi livelli, a + 0.84%.
Futures appena sotto la parità, andamento più che normale dopo la “sbornia” di ieri.
Rialza la testa il petrolio, con il WTI a $ 111, comunque ben lontano dai $ 130 e oltre toccati nei giorni scorsi.
Gas naturale a $ 4,553, + 0,40%; peraltro ieri il megawattore è piombato all’ingiù del 30%, toccando i 150€.
Oro in leggero calo anche oggi, a $ 1.986.
Spread a 146 bp; oggi e domani a Versailles si riuniscono i Paesi membri UE per discutere della situazione geopolitica e delle probabili conseguenze della guerra sulla crescita. Già si ipotizzano scenari meno positivi rispetto a quelli di appena 1 mese fa (per esempio, in Italia si pensa che la crescita sarà inferiore dello 0,7% del previsto, passando dal 4 al 3,3%). Questo potrebbe indurre la BCE a “frenare” sulla via della “normalizzazione” monetaria, oltre alla possibilità dell’emissione (per ora smentita) di nuovi Eurobond (sul modello del Sure) per sostenere gli investimenti.
Si indebolisce anche il bund, il cui rendimento sale allo 0,21%, trascinando con sé il BTP, che torna intorno all’1.67%.
€/$ a 1.1067.
Criptovalute sulle “montagne russe”, con il bitcoin che, dopo la forte crescita di ieri, quando ha superato i $ 42.800, questa mattina perde il 6%, tornando a $ 39.285.
Ps: parliamo ancora di giovani. Il nuovo rapporto dell’Università Luiss, che sarà presentato questa mattina, ci dice che il 29% dei giovani vede il proprio futuro fuori dai confini nazionali. La principale preoccupazione è quella di non avere un lavoro soddisfacente. Non è facile il futuro di un Paese che non è in grado di trattenere chi domani sarà chiamato a guidarlo.